Alcuni centri educativi hanno riaperto dopo 18 mesi, causa Pandemia di Covid, ma la maggior parte dei gioveni Rohingya non riceve un’educazione adeguata.

Mi chiamo Mohammed Nowkhim. Vengo da Taung Bazar, distretto di Buthidaung, stato del Rakhine, Myanmar. Attualmente vivo nel campo (3), Kutupalong, Cox’s Bazar, Bangladesh.
La mia infanzia a Taung Bazar è stata normale, ma crescendo ho incontrato un mondo in cui ogni diritto umano mi veniva negato. Ho imparato come siamo stati emarginati e discriminati, religiosamente, socialmente e politicamente, solo per essere quello che siamo: Rohingya.


Nonostante questo, sono riuscito a ricevere un’istruzione in una scuola gestita dal governo in una zona rurale. Nel 2013/14 ho superato la mia immatricolazione, ma dopo il 2012 i regolamenti del governo del Myanmar non mi hanno permesso di iscrivermi all’Università.
Poiché i miei genitori stavano invecchiando, ero determinato ad aiutarli. Credevo che il mio duro lavoro mi avrebbe aiutato ad avere successo nella mia carriera. Ho fatto domanda per diventare insegnante di scuola elementare, ma sono stato respinto perché sono nato da genitori Rohingya. Solo allora ho scoperto di non essere idoneo per nessun lavoro governativo in Myanmar.
Così ho deciso di iniziare a insegnare privatamente agli studenti della mia comunità.

A mezzanotte del 25 agosto 2017, sono stato svegliato dal rumore di intensi spari. Non avevo idea da dove venissero, o cosa stesse succedendo. Gli spari sono proseguiti per tutta la notte, fino al mattino. Poi la città tacque. La giornata era vuota, a parte il rumore di spari lontani. Non c’era nessuno fuori. Con l’aggravarsi della violenza, non abbiamo avuto altra scelta che fuggire dal nostro paese in cerca di un posto più sicuro.


Ora sono un rifugiato.
Vivo nel più grande campo profughi del mondo, dove passo la mia vita cercando di sopravvivere, contando sugli aiuti umanitari. Il mondo che conoscevo non c’è più. Le persone che amavo sono sfollate, disperse o morte.
Mentre dico questo, ricordo il mio villaggio e la mia casa di allora. Il mio villaggio era sempre pieno di gioia, felicità e ospitalità. Nonostante le difficoltà e la povertà che abbiamo dovuto affrontare, gli abitanti del mio villaggio si salutavano sempre con un sorriso rassicurante. La mia casa era uno dei posti più sicuri e più belli di questo mondo. Eppure, tutto questo è sparito in un batter d’occhio.


Sono molto grato di avere almeno un posto dove stare relativamente al sicuro insieme alla mia famiglia, ma come Rohingya, la negazione dell’istruzione è una delle mie principali preoccupazioni.
Le nostre giovani generazioni Rohingya stanno crescendo senza alcun tipo di istruzione nei campi profughi. Secondo l’UNICEF, il 98% dei rifugiati Rohingya di età compresa tra 15 e 24 anni non riceve alcuna istruzione.
Abbiamo un detto: “Se vuoi distruggere una comunità, non devi uccidere le persone, basta solo impedire loro di studiare”.
Secondo la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti umani, “Tutti hanno diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita, almeno nelle fasi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare dovrà essere obbligatoria”.
A Cox’s Bazar ci sono almeno 20.000 studenti delle scuole medie e 5.000 potenziali studenti delle superiori.
Nei campi, le ONG stanno allestendo molte scuole informali dove i nostri bambini non sono disposti ad andare perché gli insegnanti non sono qualificati. I genitori evitano di mandarci i figli e li lasciano giocare tutto il giorno.
Il genocidio non è solo violenza, uccisione e tortura. La nostra intera comunità sta perdendo l’accesso all’istruzione, e anche questo fa parte del genocidio. Che futuro possono avere i nostri giovani, senza un’istruzione adeguata?
Stiamo ricevendo abbastanza aiuti per far fronte ai nostri bisogni di base e siamo molto grati al Bangladesh e ad altre organizzazioni per questo, ma ci manca davvero un’istruzione formale. Non ne abbiamo avuta nessuna negli ultimi quattro anni, da quando siamo arrivati in questo campo. Abbiamo anche bisogno di accedere a livelli di istruzione più elevati, anche all’estero, in modo da poter acquisire conoscenze e migliorare le nostre competenze per aiutare la nostra comunità a svilupparsi.


Al momento solo il 20% degli adolescenti frequenta corsi con insegnanti di comunità, ma la maggior parte di loro non è nemmeno in grado di leggere, perché non può permettersi l’acquisto di libri di testo.
Altri studiano da soli nelle proprie capanne. Ma la maggior parte o cerca un lavoro per aiutare le proprie famiglie, o semplicemente non fa nulla per mancanza di altre scelte.
Purtroppo i giovani, soprattutto le donne, qui non hanno possibilità di migliorarsi. Ci sono giovani che creano film, costruiscono automobili, fanno arte nei campi, ma non c’è nessuno che possa venire ad apprezzarli. C’è così tanto talento che muore nei campi.


Abbiamo bisogno che la comunità internazionale trovi questi talenti e dia loro una possibilità.
Penso che le ONG internazionali, le agenzie governative e le agenzie delle Nazioni Unite dovrebbero consultare maggiormente la nostra comunità e includerci nel processo decisionale sull’istruzione. Vorremmo che le ONG implementassero lo stesso curriculum che abbiamo adottato in Myanmar. Ci sono molti insegnanti Rohingya che hanno esperienza di insegnamento. Alcuni di loro erano insegnanti che hanno prestato servizio presso il ministero dell’Istruzione del Myanmar prima del 2017.


Io, sono la prova che i rifugiati possono fare qualsiasi cosa, purché gli si dia una possibilità.
“Ho deciso di non essere una vittima, di non cercare vendetta, ma di essere un leader e un costruttore di pace. Sono un rifugiato. Ora in Bangladesh, uso la mia voce per parlare a favore di tutti i rifugiati in tutto il mondo”.
Abbiamo bisogno che le nostre giovani generazioni siano educate. Sono il futuro della nostra comunità.


Mohammed Nowkhim è un brillante giovane Rohingya che attualmente vive in un campo profughi a Cox’s Bazar.

È un difensore dei diritti umani, Senior Executive member, technician e Youth Leader dell’ARSPH, membro dell’Asia Pacific Refugee Rights Network (APRRN) e dell’Asia Pacific Network of Refugees – APNOR, oltre che Senior executive board member del Southeast Asia Young Peacebuilders Organization.

Potete seguirlo su Twitter o Facebook

Voglio ringraziarlo per aver trovato il tempo di spiegare la situazione a Cox’s Bazar.


Il colpo di stato militare in Myanmar ha in qualche modo cambiato la percezione pubblica di ciò che è accaduto nel 2017. C’è ancora molta strada da fare. Giustizia, rimpatrio e risarcimento sono ancora lontani, ma mentre lottiamo per liberare il Myanmar da questa dittatura, dobbiamo ricordare che non c’è giustizia per il Myanmar, senza giustizia per tutte le etnie, compresa quella dei nostri fratelli e sorelle Rohingya.

Mohib Ullah, recentemente assassinato a Cox’s Bazar, è stato promotore di molti progetti tra cui fornire un’educazione a questi studenti. (Source: Aung Kyaw Moe on Twitter)


Il recente assassinio di Mohib Ullah è una perdita incredibile per tutti, non solo per la comunità Rohingya. Il mondo ha bisogno di leader come lui. Mohib Ullah ha lavorato duramente per promuovere la pace, criticando la violenza nei campi (motivo per cui ha ricevuto molte minacce da bande criminali, tra cui l’ARSA). Volò alla Casa Bianca per promuovere la causa Rohingya. Ha parlato al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Ha raccolto i nomi delle vittime del brutale genocidio del 2017, con la speranza di portare il Tatmadaw di fronte alla giustizia ed essere processato per i suoi crimini.


Ha letteralmente combattuto la stessa battaglia che i birmani stanno combattendo oggi.
Se desideri aiutare delle bambine Rohingya in modo che ricevano un’educazione, considera una donazione a questo piccolo progetto.


Il regime deve cadere, in modo che tutte le persone del Myanmar possono vivere con dignità e libertà.


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