Chissà cosa avranno pensato i generali questa mattina, quando hanno visto l’intero Paese completamente svuotato. Chissà se si sono sentiti impotenti di fronte a tutto questo silenzio.Nei programmi di storia nelle scuole birmane, probabilmente non si studia l’impero romano. Sicuramente si studia l’impero di Bagan, il colonialismo, Bogyoke Aung San e le vittorie del Tatmadaw (che nei libri non perdono mai).
Tuttavia la giornata di oggi ha alcune similitudini con la Secessio Plebis della Roma repubblicana, uno dei primi esempi di “sciopero generale”. La società romana di allora si divideva in tre classi: patrizi, plebei e schiavi. La classe dei patrizi, che deteneva il potere politico ed economico, aveva il diritto espropriare e addirittura ridurre in schiavitù i plebei debitori nei loro confronti. La situazione dei plebei era resa ulteriormente complicata dal fatto che veniva reclutata per partecipare alle guerre che impegnavano Roma in quel periodo.
Nel 494 AC, l’atmosfera era talmente tesa che la plebe si ribellò e decise di ritirarsi sul Mons Sacer in segno di protesta. La città si svuotò e questo rese vulnerabili i senatori che dovettero scendere a compromessi pur di evitare la secessione. Fu quindi concessa l’istituzione di una nuova carica, quella del tribuno della plebe. Si trattava di una carica posta a difesa dei diritti dei plebei e che godeva di sacralità e inviolabilità (di fatto intoccabile).
La similitudine con quanto succede in queste settimane in Myanmar è evidente nella presenza di conflitti tra classi profondamente diverse tra loro e nell’utilizzo efficace della disobbedienza civile come strumento di protesta. Si tratta di uno strumento potente che riesce a destabilizzare anche le dittature più forti, senza l’utilizzo della violenza. La differenza più grande sta nel fatto che il popolo birmano a questo punto non è più interessato a compromessi. Nella democrazia che questi ragazzi sognano, non c’è posto per l’esercito Tatmadaw.
Il popolo oggi ha dimostrato che il Myanmar è della gente, non dei generali. Le strade, le città, i negozi prendono vita solo quando la gente lo decide. Chi ogni giorno dà vita al Paese, non possiede fucili.
C’è un limite al potere che deriva dalla violenza. Un limite oltre il quale tutto ciò che rimane è solo deserto.
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