Il consigliere regionale della Toscana, Alessandro Capecchi (Fratelli d’Italia), il 22 luglio ha presentato un’interrogazione scritta al Presidente del Consiglio regionale, riguardo all’importazione di teak birmano (uno dei legni più pregiati) in Italia.

La tesi esposta da Capecchi, evidentemente per conto di aziende operanti nella filiera del legno e nel settore nautico, è contraria al blocco delle importazioni dal Myanmar, in quanto danneggerebbe le aziende italiane e favorirebbe il commercio illegale di teak. Come dire: invece di chiedere di rafforzare i controlli e punire il commercio illegale, è meglio eliminare la legge tout court e non punire nessuno, e tanti saluti ai motivi per cui queste restrizioni sono nate (comprese le migliaia di vittime innocenti ammazzate dal regime militare che questo stesso commercio finanzia).

Gli unici a guadagnare dallo sfruttamento delle foreste birmane, infatti, sono i generali del regime, le aziende appaltatrici che effettuano il taglio, le organizzazioni etniche armate che controllano i territori Kachin e Shan e le aziende straniere che utilizzano il teak per produrre beni di lusso. Non è di certo la popolazione civile, che non ci guadagna assolutamente nulla. Anzi, i lavoratori (compresi gli elefanti utilizzati come “muletti”), vengono sfruttati come schiavi per pochi dollari. Spesso vengono addirittura pagati parzialmente in droga (permette loro di sopportare la fatica). Schiavi due volte insomma.

Per non parlare dei danni all’ambiente: il Myanmar ha perso il 27% delle proprie foreste in 20 anni, e legalizzare l’importazione di teak, porterebbe ad una maggiore deforestazione che già è a livelli insostenibili.

La normativa europea EUTR, dal 2013 obbliga gli importatori a dimostrare la provenienza e la legalità del legname acquistato, ma a causa della poca trasparenza e della corruzione delle autorità birmane, questo è praticamente impossibile.

Inoltre il 21 giugno 2021, la EU ha imposto nuove sanzioni contro 8 individui e 4 entità legate al colpo di Stato in Myanmar, tra cui il Myanmar Timber Enterprise (MTE). MTE, controllato dal governo birmano, ha i diritti esclusivi sulla vendita del teak nazionale, ragione per cui NON ESISTE ALCUN MODO PER IMPORTARE TEAK BIRMANO LEGALMENTE.

Persino l’associazione Federlegnoarredo concorda:

“Considerato che agli operatori comunitari è vietato importare legname delle imprese MTE e FPJVC (in quanto ciò configurerebbe di fatto una messa a disposizione di fondi), lo stesso vale anche nel caso di legname (grezzo o trasformato) rivenduto da intermediari non UE. Inoltre, ciò determinerebbe l’aggravante del dolo, a causa di una elusione surrettizia del divieto. In ogni caso, sull’azienda coinvolta ricade l’onere di dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, che non sapeva e non poteva sapere che il legname acquistato dall’intermediario proveniva dalla MTE; il che di fatto rappresenta un’eccezione non praticabile visti i diritti esclusivi di prima commercializzazione detenuti in Myanmar proprio dalla MTE ed i pregressi obblighi di due diligence a carico degli Operatori EUTR.

Ciononostante, le aziende continuano a farlo. I clienti finali sono disposti a pagare talmente bene, che il rischio di multe vale la pena.

Secondo un’indagine di Environmental Investigation Agency (EIA), 27 aziende italiane continuano ad importare teak birmano illegalmente, contravvenendo sia alla normativa EUTR, sia alle sanzioni imposte dall’Unione Europea dopo il colpo di Stato birmano. Alcune di queste aziende, come Timberlux, importerebbero legname per conto di altre aziende europee, aggirando così le restrizioni. Mentre nel resto d’Europa a seguito dell’applicazione dell’EUTR, l’importazione di legname dal Myanmar è calato, in Italia esso è aumentato, segno che le autorità italiane faticano a controllare i trasgressori. Il resto d’Europa questo lo sa, e ci ringrazia.

Tra le aziende coinvolte, secondo EIA, ci sono: Basso Legnami, Belotti SPA, F.lli Budai, CF Wood, Comilegno, GTH Italia, International Wood, Miura Friends, Sangiorgi Legnami, Timberlux, TWB Solutions,

Basso Legnami e Sangiorgi Legnami insieme a LP Wood srl e alla toscana CO.MO.L.A.S., sarebbero implicati anche in un altro “affare sporco”, questa volta con l’Ucraina. Secondo Earthsight, le 4 aziende italiane avrebbe acquistato legname dalla moglie dell’ex capo del dipartimento forestale di stato Viktor Sivets, al centro di un caso di corruzione da oltre 30 milioni di euro.

L’azienda F.lli Budai, per assurdo, mentre aggirava leggi della EU, riceveva fondi europei dalla stessa.Ma il Sig. Capecchi tutto questo non lo sa. O forse decide di ignorarlo. Da buon privilegiato, a lui importa solamente difendere gli interessi (illegali) di pochi produttori di yacht di lusso e di importatori di legname.

D’altronde l’esposto di Capecchi, sfoggia il logo di Fratelli d’Italia, un partito che di Myanmar non parla mai, se non a sproposito. A marzo, infatti, Giorgia Meloni si è auto-paragonata a Daw Aung San Suu Kyi, vittima di false accuse di frode elettorale e arrestata dai generali golpisti. Come riesca a vedere delle similitudini è un mistero. L’audacia di una donna che dice di avere un sano rapporto con il fascismo è da ammirare.

Mentre i proprietari di barche e mobili hanno la possibilità di sfogliare un catalogo e scegliere altri tipi di legno di lusso che siano meno insanguinati del teak birmano, il popolo del Myanmar non ha scelta, se non quella di affrontare con coraggio un esercito che spara alle loro teste, e le aziende che lo finanziano, comprese quelle italiane.

Avete veramente a cuore la gente del Myanmar? Chiedete a loro cosa vogliono e cosa pensano del fatto che ci sono aziende che vorrebbero continuare a fare affari con il regime militare.

C’è chi, pensando al teak, si lamenta a bordo del proprio yacht, e c’è chi, invece, la voce per lamentarsi proprio non ce l’ha.


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