Un salto indietro di decenni, esattamente al 1988. Le differenze rispetto a 33 anni fa (chissà se i generali hanno pensato anche a questo numero come auspicio) sono molte, ma la sensazione di terrore è probabilmente la stessa.
Quando nel 2015 ci furono le prime vere elezioni democratiche, dopo un regime militare che durava dal 1962, eravamo tutti ansiosi di capire come il Tatmadaw (l’esercito birmano) avrebbe reagito di fronte alla prevedibile vittoria della rivale NLD guidata da Daw Aung San Suu Kyi. Pensavamo tutti ad un imminente colpo di stato. In fondo non sarebbe stata la prima volta e dopo decenni sembrava quasi impossibile essere giunti a questo punto.
I 5 anni successivi dal punto di vista politico furono deludenti, macchiati dalla crisi in Rakhine State che provocò l’esodo di circa 700.000 persone di etnia Rohingya, ma anche dall’incapacità del governo di riformare veramente il Paese. Ciononostante, arrivati alle elezioni del novembre 2020, non c’era alcun timore di un colpo di stato ed il processo di democratizzazione del Paese sembrava ormai avviato su solidi binari. Vinse nuovamente NLD, con una risonante vittoria. Con milioni di dosi di vaccini Covid in arrivo dall’India e altri 5 anni di governo civile davanti, il Myanmar sembrava pronto per la ripartenza.
Verso il colpo di stato
L’USDP (partito vicino all’esercito Tatmadaw, formato quasi esclusivamente da ex generali) uscì dalle elezioni con una sconfitta umiliante. Subito arrivarono le prime accuse di brogli elettorali, con richiesta di ripetere le elezioni. Il caso fu portato anche alla Corte Suprema senza risultati. Citando la costituzione, che prevede la presa del potere da parte dell’esercito in caso di stato di emergenza nazionale, il Tatmadaw minacciò di reagire nel caso le richieste di indagine sulle elezioni fossero state ignorate. Seguirono messaggi più distensivi, mentre dietro le quinte probabilmente si tenevano negoziazioni frenetiche.
Il colpo di stato
1 febbraio: nella prime ore del mattino tutto il potere politico è concentrato nella capitale Naypyitaw. Il Parlamento dovrebbe insediarsi oggi stesso. Quando il colpo di stato viene lanciato, il Paese ancora dorme.
Il consigliere di Stato Daw Aung San Suu Kyi (DASSK) e il presidente Win Myint vengono arrestati insieme a 400 esponenti politici e ad altre figure di rilevanza politica, compresi alcuni monaci coinvolti nella rivolta del 2007 e attivisti politici.
L’esercito proclama lo stato d’emergenza e prende il potere. Il Generale Min Aung Hlaing diviene di fatto il reggente del Paese. La storia del Myanmar cambia rotta.
2 febbraio: iniziano i primi segnali di protesta. La popolazione inizia a suonare le pentole alle 8 di sera, rito tradizionale per scacciare i demoni. Diventerà un appuntamento quotidiano accompagnato da canti di protesta. Gli Stati Uniti riconoscono le azioni dell’esercito birmano come colpo di stato. Il Tatmadaw instituisce il SAC, organo che sostituisce il governo e che dovrebbe guidare il Paese fino alle prossime elezioni tra un anno.
3 febbraio: alcuni infermieri e medici in tutto il Paese iniziano a scioperare. Inizia ufficialmente il CDM Movimento di disobbedienza civile.
Vengono formalizzate le accuse ai politici detenuti. DASSK viene accusata per importazione illegale di walkie talkie. A queste accuse, nei giorni successivi, se ne aggiungono altre. L’obiettivo evidente è quello di distruggere il partito NLD. Il Tatmadaw censura i social media. Prima Facebook, poi a seguire WhatsApp, Twitter, Youtube, Wikipedia. I ragazzi più giovani iniziano ad utilizzare servizi di VPN per bypassare la censura.
4 Febbraio: a Mandalay le prime proteste per strada. Degli studenti vengono arrestati.
5 febbraio: il Tatmadaw ordina il blocco di internet in tutto il Paese per evitare la circolazione di “fake news” e per la stabilità nazionale. Il blocco non ferma le proteste. Insegnanti ed alcuni dipendenti pubblici si uniscono al CDM. Nasce il CRPH, comitato che rappresenta il governo eletto democraticamente a novembre.
6 febbraio: decine di migliaia di persone scendono in strada per protestare contro i militari
7 febbraio: le proteste aumentano. Internet viene ripristinato, ma permane la censura dei social media più popolari
8 febbraio: primo discorso televisivo alla nazione da parte di Min Aung Hlaing. Spiega la legittimità dell’azione dell’esercito, promette la ristorazione dell’ordine pubblico, di risolvere i problemi economici dal Paese, di risolvere l’emergenza Covid ed invita gli investimenti da parte di Paesi stranieri. Promette nuove elezioni alla fine di questo processo di stabilizzazione. Parla di democrazia “disciplinata”. Per molti si tratta di una minaccia. Viene istituito il coprifuoco in diverse città e vietati assembramenti superiori a 5 persone.
9 febbraio: la polizia contiene le manifestazioni con violenza. Nella capitale Naypyitaw una ragazza di 19 anni di nome Myat Thet Thet Khaing viene colpita da un proiettile in testa. L’esercito nega di aver sparato e cita diversi poliziotti feriti durante le proteste.
10 febbraio: le proteste aumentano.
11 febbraio: gli Stati Uniti annunciano le prime sanzioni economiche mirate ai generali. Canada e UK adottano simili misure. Il generale Min Aung Hlaing invita gli aderenti al CDM a tornare al lavoro.
12 febbraio: centinaia di migliaia di persone protestano per strada. Il Tatmadaw rilascia dal carcerce 23.000 detenuti di ogni tipo. Vengono riportati diversi disordini. Diverse prove che i detenuti rilasciati sono stati pagati per causare disordini.
13 febbraio: legge marziale. L’esercito può ora violare le abitazioni e arrestare persone senza mandato e senza limiti di tempo. La popolazione organizza servizi di vigilanza notturna volontaria.
14 febbraio: il CDM si estende al settore dei trasporti. Vengono riportati molti casi di violenza, anche di notte, da parte delle forze dell’ordine. Sospese le leggi sulla privacy. Inizia il blocco di internet sia mobile che fisso dalle 01.00 alle 09.00. Il blocco è ancora oggi in vigore.
15 febbraio: l’esercito dispiega forze in tutte le città principali. Avvistato a Yangon il battaglione 77 LID, noto per essere responsabile di genocidio in Rakhine State e per aver represso violentemente le proteste della rivoluzione zafferano del 2007 . A Mandalay la polizia apre il fuoco sui manifestanti
16 febbraio: la Cina nega ogni coinvolgimento con il golpe
17 febbraio: centinaia di migliaia per le strade. L’esercito attacca nelle ore notturne i dipendenti delle ferrovie di Mandalay che hanno aderito al CDM. Centinaia di auto “in panne ” bloccano la città di Yangon bloccando i mezzi militari diretti in città.
18 febbraio: almeno 500 arresti dall’inizio del golpe. La Malaysia annuncia la deportazione di 1200 birmani, tra cui un centinaio di richiedenti asilo politico. Ancora proteste con auto che guidano lentamente a Yangon.
19 febbraio: muore a Naypyitaw Myat Thet Thet Khaing. E’ la prima vittima dal golpe. I prezzi della benzina salgono a seguito del rallentamento delle importazioni. Banche e uffici pubblici sono ormai bloccati.
20 febbraio: a Mandalay le forze dell’ordine aprono fuoco sulla folla, uccidendo due persone. L’esercito utilizza cecchini per reprimere le proteste.
21 febbraio: le manifestazioni crescono. Tramite la TV nazionale, l’esercito minaccia i manifestanti, annunciando eventuali “perdite di vita”. Facebook con colpevole ritardo blocca le pagine ufficiali del Tatmadaw.
22 febbraio: è il giorno del quintiplo “2” (22/02/2021). Sciopero generale nazionale. Milioni di persone protestano contro il golpe, è la manifestazione più grande da inizio febbraio. Dr. Sasa viene appuntato come rappresentante del CRPH alle Nazioni Unite.
23 febbraio: vaccino covid per dipendenti pubblici che non hanno aderito al CDM. L’esercito ha preso controllo della campagna vaccinazioni.
24 febbraio: il Tatmadaw attacca le milizie KIA in Kachin State.
25 febbraio: a Yangon una manifestazione pro-militare si scontra con i manifestanti anti golpe. La polizia non interviene
26 febbraio: il Tatmadaw annulla il risultato delle elezioni di novembre 2020. Discorso storico del rappresentante del Myanmar Kyaw Moe Tun alle Nazioni Unite, che chiede l’intervento dell’ONU contro il Tatmadaw
27 febbraio: il governo militare licenzia Kyaw Moe Tun. Dura repressione delle proteste
28 febbraio: almeno 18 morti causate dall’esercito soprattutto a Myeik, Yangon, Bago, Mandalay. 500 gli arresti che si sommano agli 800 delle settimane precedenti
1 marzo: nuove accuse formulate contro Daw Aung San Suu Kyi. Il CRPH definisce il Tatmadaw un “gruppo terroristico”
2 marzo: un morto a Kalay. Repressione dura in tutto il Paese
3 marzo: durante le manifestazioni pacifiche l’esercito uccide 38 persone a Mandalay, Monywa, Magway, Myingyan e Myaw Okkalapa (North Okkalapa).
4 marzo: condanne da parte del mondo politico internazionale. Diverse camere di commercio europee rifiutano l’invito del Tatmadaw ad un incontro.
5 marzo: 3 morti, di cui due attaccati da un gruppo simpatizzante USDP. Importante notizia sul fronte politico, il CRPH annuncia l’intenzione di abolire la costituzione 2008 e creare una democrazia federalista. Espressa un’unione di intenti tra CRPH (governo ombra creato dalla maggioranza del 2020) e KNU organizzazione politica che rappresenta la minoranza Karen. Altre minoranze etniche potrebbero seguire
6 marzo: l’RCSS (Restoration Council of Shan State), organizzazione pro federalista dello stato Shan che controlla la milizia SSAS chiede un incontro con Dr. Sasa del CRPH.
7 marzo: repressione dura in tutto il paese, compresa Bagan, patrimonio dell’UNESCO. U Khin Maung Latt, esponente NLD arrestato il 6 marzo, viene restituito morto alla famiglia. Presenta segni di tortura.
8 marzo: 3 morti. L’esercito blocca 200 manifestanti a Sanchaung (Yangon) per diverse ore fino a notte fonda. Yangon sembra una zona di guerra
Gli abitanti del resto della città si riversano nelle strade per soccorrere i manifestanti intrappolati distraendo l’esercito
il tutto si risolve verso le 3 di notte, quando l’esercito si ritira. 50 gli arresti.
Il governo militare ritira la licenza a cinque testate giornalistiche. La redazione di Myanmar Now viene perquisita.
Occupati molti ospedali e scuole
9 marzo: Arresti e torture a Myeik. Il corpo di Zaw Myat Lynn, membro NLD arrestato il giorno precedente, viene restituito privo di vita alla famiglia. Sono evidenti segni di tortura.
Dr. Sasa incontra i leader di diversi gruppi etnici armati.
10 marzo: dopo varie negoziazioni l’ONU riesce a pubblicar una condanna unanime delle violenze da parte dell’esercito birmano nei confronti dei manifestanti. Non si menzionano i decessi, e nemmeno il golpe a causa dell’opposizione di Russia, Cina, India e Vietnam.
Il regime assume il lobbista Ari Ben-Menashe per chiarire la posizione dei militari agli stati occidentali
A Minglar Taung Nyunt le famiglie aderenti al CDM sono costrette a lasciare casa
11 marzo: giorno sanguinoso. 17 vittime. 6 vittime a Myaing (Magwe region).
Daw Aung San Suu Kyi e il presidente U Win Myint vengono accusati di corruzione. Avrebbero accettato 600.000 usd e diversi chili d’oro come tangente.
Il Tatmadaw dichiara l’Arakan Army gruppo “non terroristico”
Pubblicato un rapporto di Amnesty sulle violenze in Myanmar
12 marzo: A Mingaladon (Yangon) due giovani sono state uccisi durante la notte. Diversi aderenti al CDM vengono sfrattati dai loro alloggi dall’esercito. Tutti i gruppi etnici armati della tregua NCA aderiscono alle proteste contro il regime. Corea del Sud sospende la collaborazione con il Tatmadaw e l’esportazione di armi. La Russia esprime preoccupazione in merito alla situazione birmana. In India cercano rifugio oltre 200 poliziotti che hanno disertato.
13 marzo: almeno 12 morti. A Mandalay colpito anche un monaco. In Chin State 9 municipalità non riconoscono il governo militare e si dichiarano autonome. Risponderanno al governo eletto.
14 marzo: massacro a Hlaing Thar Yar, almeno 18 i morti nel distretto industriale di Yangon. Bruciano anche due fabbriche cinesi ed il governo cinese chiede giustizia, senza però menzionare le vittime delle violenze di oggi.
L’Arakan National Party dichiara di voler collaborare con il Tatmadaw per perseguire i propri obiettivi politici. Il CRPH dichiara che è dovere del cittadino difendersi dalle organizzazione terroristiche come il Tatmadaw.
15 marzo: la Cina condanna gli incendi presso le sue fabbriche, chiede maggiore sicurezza, ma non menziona i civili morti. Il regime annuncia la legge marziale in 6 distretti di Yangon, Hlaing Thar Yar, North e South Dagon, Shwe Pyi Taar, Dagon Seikkan e North Okkalapa. Viene bloccata la rete internet mobile a tempo indeterminato.
16 marzo: esodo da Yangon dopo l’arrivo della legge marziale in 6 distretti. Massacro in una fabbrica di scarpe a Hlaing Thar Yar. Dr. Sasa definito “traditore” dal SAC. Lo State Sahgha Maha Nayaka Committee (Mahana), si unisce al CDM. Accusato Soros per trasferimenti di denaro illegali.
17 marzo: continuano gli scontri. Diversi manifestanti cominciano ad organizzarsi per contrattaccare.
18 marzo: incendio a Mrauk U (Rakhine State). Morto sotto tortura un ragazzo di 24 anni, Htet Tun Aung di Monywa, membro del CDM. Uccisa dall’esercito Ma Aye Aye Khine, una ragazza di 20 anni di etnia Rohingya. Chiude The Standard Time, ultimo quotidiano indipendente rimasto. Non ci sono più testate indipendenti.
19 marzo: strage ad Aungban, almeno 6 morti. Arrestati due giornalisti a Naypyitaw, tra cui uno della BBC. Appare in video Min Aung Hlaing.
20 marzo: proteste anche a Times Square, New York
21 marzo: proteste a Tokyo, Taipei, Melbourne. Arrestati due australiani.
22 marzo: incendio a Cox’s Bazar, diverse vittime tra cui bambini ed anziani. Nuove (blande) sanzioni da parte di US e EU nei confronti dei generali birmani.
23 marzo: uccisa a Mandalay Khin Myo Chit, 7 anni, la vittima più giovane fino ad oggi, 22 le vittime totali. L’Arakan Army rompe il silenzio e condanna il colpo di Stato militare
24 marzo: giorno del silent strike. Tutto il Myanmar osserva un giorno di silenzio. Strade e negozi deserti. Rilasciati dalla prigione 600 manifestanti.
25 marzo: US e UK sanzionano il MEHL e MEC.
26 marzo: dei professori norvegesi candidano il CDM al Premio Nobel per la Pace 2022. Diverse EAO declinano l’invito a partecipare all’Armed Forces Day di domani. Il Tatmadaw, attraverso il canale MRTV, minaccia di morte i giovani che dovessero continuare a protestare
27 marzo: Il massacro dell’ Armed Forces Day. Una carneficina senza senso. In tutto il Paese uccise oltre 114 persone, tra cui bambini, semplici passanti, persone che erano a casa. Immagini orribili.
Colpito da proiettili anche l’American center, a pochi passi dall’ambasciata americana.
Alle celebrazioni del Tatmadaw partecipano Russia, Cina, Vietnam, India, Bangladesh, Pakistas, Laos. Assenti gli altri Paesi per protesta.
Nel frattempo il Tatmadaw lancia un attacco aereo in Karen State a Day Pu No. Tre le vittime e villaggio evacuato
Sempre nella notta KIA forse con l’aiuto di AA conquistano una postazione del Tatmadaw a Hpakant, Kachin State
28 marzo: secondo AAPP sono 36 le vittime di oggi, per un totale di 459 da inizio febbraio. Uccisa l’attivista KhuKhu Celina, leader di Women for Justice. Confermato l’utilizzo di granate sui civili da parte dell’esercito. Una delle vittime del giorno precedente è stata bruciata viva
29 marzo:
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