di Myanmarese e Padauk

Torture | Amnesty International

La tortura in Myanmar è da decenni parte integrante delle istituzioni.
È uno strumento utilizzato dalla polizia e dall’esercito per ottenere informazioni, estorcere confessioni, terrorizzare e annientare l’opposizione politica.
Ciò accade nonostante gli articoli 330 e 331 del codice penale vietino esplicitamente tale pratica.

Dal 1° febbraio ad oggi, ci sono più di 5.000 prigionieri politici attualmente detenuti in Myanmar (fonte AAPP, 19 giugno 2021) e sono almeno 26 i morti a causa delle torture subite durante la detenzione (fonte AAPP). Di questi 13 sono morti entro 24 ore in custodia militare, incluso un adolescente di 15 anni. Tutti i cadaveri restituiti alle famiglie portavano evidenti segni di violenza. Tuttavia, le autorità hanno sempre negato le violenze e hanno costretto le famiglie a firmare certificati di morte che indicavano malattie o incidenti non plausibili come causa del decesso.

Queste pratiche mirano non solo a causare dolore fisico per raggiungere i loro obiettivi, ma anche a distruggere psicologicamente il prigioniero e cancellare qualsiasi futura forza di volontà di ritorsione.

Nell’ultimo decennio, dall’inizio dell’era della “transizione democratica”, i prigionieri politici e di conseguenza i casi di tortura, sembravano diminuiti, soprattutto nell’area centrale del Myanmar. Tuttavia, il Myanmar non ha mai firmato l’UNCAT (Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli inumani o degradanti) e la rete di informatori e spionaggio, incluso il famigerato Special Branch (polizia politica), non è mai stata smantellata. Mentre alcuni centri di interrogatorio sono stati convertiti in nuovi progetti, inclusi hotel e appartamenti di lusso, Al Jazeera ha rivelato che altri centri come quello di Shwepyithar, che sembrava essere caduto in disuso, sono stati “rinnovati” poco prima del golpe. Le immagini satellitari mostrano un’intensificazione delle attività prima del 1 febbraio.

Quando i generali di Tatmadaw hanno lanciato il colpo di stato il 1° febbraio, la “macchina della tortura” era pronta e lo “stato di terrore” è stato immediatamente ripristinato.

Cosa succede all’interno di questi centri?
Quando un prigioniero politico viene arrestato, il centro interrogatori è spesso la prima tappa. Tutti i prigionieri ricordano tecniche di tortura simili. Il più comune sembra essere una barra di metallo che viene fatta rotolare con forza lungo gli stinchi ripetutamente finché la pelle non viene staccata. Frequente è anche la folgorazione in diverse parti del corpo. Altre tecniche includono percosse, ustioni, tagli di coltello, costringere il prigioniero a mantenere posizioni estreme, privazione del sonno, privazione sensoriale, privazione di cibo e acqua. Alcuni manifestanti anti-golpe hanno mostrato ferite da proiettili di gomma sparati a distanza ravvicinata durante la detenzione.

L’8 marzo 2021 all’alba, i poliziotti hanno scoperto e arrestato Ko Zaw Myat Lynn che si nascondeva in una scuola. Ko Zaw Myat Lynn era un esponente della NLD, attivista, leader delle proteste contro il regime militare. 24 ore dopo il suo arresto, la polizia chiama la moglie e le ordina di andare in ospedale per raccogliere il corpo di suo marito. Il certificato di morte spiega che è morto per le ferite riportate a causa di un tentativo di fuga con una caduta su una ringhiera di metallo da un’altezza di nove metri. In realtà, le foto del cadavere rivelano un volto sfigurato dall’acqua bollente o dall’acido, la bocca completamente sciolta e ferite addominali così profonde da far uscire gli organi interni.

Il 9 aprile, durante il massacro di Bago in cui morirono più di 80 persone, Ko Thiha, un’assistente sociale di 30 anni, è stato colpito da un proiettile ad una gamba. La polizia lo ha catturato, legato a una moto e trascinato per strada. Il suo corpo è stato trovato il giorno dopo all’obitorio.

La tortura può anche essere psicologica. Parlando con Human Rights Watch, un ragazzo di 17 anni ricorda la sua esperienza:
“Il terzo giorno, mi hanno portato in una zona boschiva a circa un’ora di distanza dal luogo dell’interrogatorio”, ha detto. “Mi hanno costretto a sdraiarmi in una fossa mentre ero bendato e le mie mani legate. Avevano anche pianificato di colpirmi la testa con una zappa, e ho pensato che sarei stato sepolto vivo quando hanno iniziato a coprirmi con la terra”.
Alcuni civili sono stati arrestati senza motivo e sono morti durante la detenzione. È il caso di Ko Min Min, la cui unica colpa è stata quella di sbattere pentole e padelle durante la notte (un popolare gesto di protesta in Myanmar). Purtroppo ciò è stato sufficiente per irritare un vicino di casa filo-militare che lo ha denunciato. Lascia una giovane famiglia.

“Sparano in testa, ma non sanno che la rivoluzione è nel cuore”.

Anche il poeta Khet Thi è morto mentre era in custodia militare e il suo corpo mostrava segni di tortura. Sua moglie, che era stata detenuta con lui, è stata rilasciata prima, ma poi le è stato chiesto di raccogliere il corpo del marito il giorno successivo. Le è stato detto che è morto per un attacco di cuore, ma il cadavere presentava grossi punti di sutura nel petto e la famiglia ha affermato che i suoi organi interni sono stati rimossi. I cadaveri vengono restituiti alle famiglie con segni di autopsie post mortem avvenute senza il consenso delle famiglie.

Molti dei manifestanti detenuti erano già feriti prima di essere arrestati e sono stati imprigionati senza ricevere cure mediche. Nei primi giorni del colpo di stato durante la repressione a Mandalay in un cantiere navale, un uomo è morto per le ferite riportate dopo essere stato colpito alla gamba da un proiettile.
Anche un uomo diabetico è morto mentre era in prigione a causa della sua patologia. Le strutture mediche della prigione sono pessime e la richiesta della sua famiglia di trasferirlo in un ospedale privato è stata negata dalle autorità. È svenuto mentre era in attesa di giudizio e poi è morto il giorno successivo. La sua famiglia non è stata informata della morte fino a quando non ha provato a cercarlo. Il suo corpo era stato cremato senza il loro consenso. Ad un giovane paralizzato e con una mano amputata a causa delle ferite riportate in seguito alle torture della polizia, sono state negate le cure mediche e rischia di perdere la vista da un occhio. È stato arrestato mentre aspettava il trattamento in un ospedale militare.

Un caso che esemplifica il funzionamento di questo Stato di Terrore è quello di Phyo Wai Aung. Era il 15 aprile 2010 quando un attentato terroristico uccide 10 persone e ne ferisce una settantina. Il 22 aprile, la polizia arresta Phyo Wai Aung, un ingegnere, senza mandato. Il giovane viene portato al centro interrogatori di Aungthapyay, dove viene torturato per 6 giorni per ottenere una confessione di colpevolezza. Prima di arrendersi, la polizia lo costringe per ore in posizioni innaturali e gli ustiona i genitali. Il processo è una farsa. Nonostante le torture, i giudici ritengono valide la confessione e varie prove falsificate presentate dalla polizia. Phyo Wai Aung viene condannato a morte. Pochi mesi dopo viene rilasciato con un’amnistia (un modo non ufficiale per dichiararlo innocente), ma la sua salute è già compromessa. Il suo corpo rimarrà paralizzato dalla vita in giù e morirà poco dopo.

Nelle regioni etniche, la tortura è comune anche al di fuori dei centri di interrogatorio. I prigionieri di guerra sono stati torturati per decenni per estorcere informazioni sugli eserciti nemici. Inoltre questi soldati catturati vengono spesso ridotti in schiavitù e diventano facchini per il Tatmadaw.
Il Tatmadaw è anche noto per aver usato i detenuti come scudi umani.

Le donne sono vulnerabili ovunque ed in qualsiasi momento. La violenza sessuale è stata usata per decenni come arma di guerra per terrorizzare la popolazione, soprattutto nelle aree etniche. Karen, Karenni, Kachin, Chin, Rohingya e ora anche Bamar, condividono storie simili di stupro da parte di soldati che non vengono mai condannati per i loro crimini. Gli abusi sessuali sono stati segnalati anche nelle principali città. Le donne hanno riferito di minacce di stupro, contatti non necessari o addirittura di essere state picchiate nell’area genitale. Gli stupri in Myanmar sono spesso sottostimati a causa della poca collaborazione da parte della polizia e dello stigma sociale.

Numerosi sono anche i casi di “sparizioni forzate”. Queste persone scomparse potrebbero non finiscono nei notiziari, ma sono comunque importanti da considerare nello stato di terrore del Tatmadaw. Famiglie e amici vanno di prigione in prigione incapaci di localizzare i loro cari. Non c’è consolazione, nessun corpo da seppellire. Un esempio famoso è quello del padre dell’attivista della Burma Campaign UK Wai Hnin Pwint Thon che è tenuto in prigione senza poter comunicare con la sua famiglia. A volte gli attivisti per la democrazia non sono in grado di esprimersi liberamente per timore di ripercussioni sui familiari o sugli amici detenuti.


L’AAPP riferisce che almeno 75 persone in Myanmar potrebbero essere disperse dal 1 febbraio 2021.

Gli stranieri sono tenuti in condizioni migliori in carcere, ma i loro arresti violano il principio di libertà di espressione. Danny Fenster, cittadino americano, è detenuto nella prigione di Insein ed è direttore di Frontier Myanmar. È stato accusato per aver violato l’articolo del codice penale 505A. U Swe Win, l’editore di Myanmar Now e U Ko Bo Gyi, fondatore e segretario congiunto dell’AAPP, erano entrambi prigionieri politici detenuti nella famigerata prigione di Insein dove hanno subito torture. U Gambira, un monaco buddista che ha guidato le proteste della Rivoluzione Zafferano nel 2007, ha trascorso 6 anni dietro le sbarre ed è stato costretto a guardare i familiari e gli amici torturati. Ora vive in Australia e gli è stato diagnosticato un disturbo post-traumatico da stress.

Descrive le prigioni birmane come “Inferni creati dall’uomo sulla Terra”.

Fonti:


0 Comments

Leave a Reply

Avatar placeholder

Your email address will not be published. Required fields are marked *